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STRANGE DAYS Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 marzo 1996
 
di Kathryn Bigelow, con Ralph Fiennes, Angela Basett, Juliette Lewis (Stati Uniti, 1995)
 
Chissà se Kathrin Bigelow avrà fatto salti di gioia vedendosi recapitare dall'ex-marito James Cameron (GLI ABISSI, TERMINATOR, ALIEN) la sceneggiatura di STRANGE DAYS. Perché da un lato questa è ricca di aspetti interessanti: la storia di un "venditore di sogni", di dischetti cibernetici che permettono di vivere in cuffia delle immagini virtuali - inutile dirlo, con sesso e violenza largamente in testa nella hit-parade della clientela -, riflessione non solo brillante su quella manipolazione delle immagini che incominciamo a conoscere, ma pure intelligente, sui limiti talvolta crudeli che esistono fra la realtà e la rappresentazione di questa. Che vogliamo, o sappiamo costruirci. Dall'altro, nella vicenda dell'ex poliziotto Ralph Fiennes che non si consola di essersi fatto piantare dalla cantante sexy - rock Juliette Lewis, mentre farebbe meglio ad accorgersi delle attenzioni dell'altrettanto sexy e più pragmatica guardia del corpo Angela Bassett, gli ingredienti di un thriller a risvolti sentimentali pure solleticante (considerato il talento per l'immagine cinetica ed erotica della regista), ma certo un po' tirato a campare.

Fortunatamente, l'autrice di POINT BREAK ha già dimostrato di saperci fare: cosi, forte dei suoi gusti per fantascienza, thriller e tecnologia, trasporta l'intera faccenda nella Los Angeles del 31 dicembre 1999. Non solo fra i festeggiamenti di una San Silvestro di fine millenario dalla lussuria sfrenata e la violenza ormai masticata da videogame. Ma in un clima apocalittico di fine civiltà, fra scontri razziali, impennate decadenti, furori insurrezionali; il tutto in una geografia che l'attualità recente ci ha insegnato essere di finzione relativa. Un'inquietudine esistenziale che dagli individui finisce per stemperarsi sull'intero ambiente del film, costituendone uno degli aspetti di maggior fascino. STRANGE DAYS, nei suoi momenti migliori, si fa allora una meditazione spettacolare, ma pure ispirata su come la degenerazione di una facile e suggestiva tecnologica si sovrappone ad una civiltà di sopraffazione e decadenza.

Thriller futuristico, il film vive e scade a seconda degli umori registici di una cineasta evidentemente dotata: talora disinvoltamente iperreattiva ad ogni forma di colore, di suono, di dinamica. Ed allora il parossismo delle immagini traduce perfettamente il delirio virtuale di un assassino, l'angoscia consapevole di una vittima, la sommossa latente di una folla, l'indignazione di un discorso anche politico. Altrove, Bigelow sembra lasciarsi sopraffare dalla propria esuberanza: ed ecco subito che dietro il compiacimento formale, la ripetizione espressiva, la sottolineatura inutile appare la minaccia di un'approssimazione che ci ricorda come la brava Kathrin sia un'ottima regista. Grande, ma in chiave pure lei futuribile.


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